Ripercorriamo la storia con Don Gigi e Don Sisto.
Così siamo arrivati alle “nozze d’argento” della Festa del Riso. 25 anni!
Venticinque anni sono pochi, perché rappresentano appena una generazione, un piccolo passaggio rispetto ai grandi numeri della storia.
Sono pochi perché… “ci pare ieri!”: da quando un piccolo gruppo di persone illuminate hanno riflettuto sul fatto che Grumolo possiede qualcosa che pochissimi altri paesi possono vantare.
Stiamo parlando del riso.
La coltivazione del riso è arrivata in Italia grazie agli arabi che nel IX secolo la introdussero in Sicilia e nei secoli successivi si estese fino a tutta la pianura padana. Nel 1.500 il nostro paese poteva contare sulla coltivazione del riso in ben 200 campi, grazie all’azione dei monaci benedettini che sono stati i veri benefattori della nostra terra.
Il canale chiamato appunto ‘la Moneghina’ attraversava il paese con il duplice scopo di portare le acque del Tesina alle risaie e consentire il trasporto del raccolto su chiatte trainate da cavalli verso i magazzini della corte benedettina in paese. Poi le acque si frazionavano in rogge e canalette a disegnare il paesaggio caratteristico della risaia.
Nei secoli alle religiose sono subentrate le famiglie nobili e a ciò si deve l‘unicità di un paesaggio che abbina le geometrie delle risaie alle architetture delle ville nel gioco di riflessi della tarda primavera, quando la campagna è allagata.
Nella nostra terra si produce, secondo la tradizione veneta, soprattutto il Vialone Nano, selezionato nel 1937 da varietà locali: è un riso semifino, dai chicchi piuttosto piccoli e tondeggianti, molto ricchi di amilosio (23,8%), ben compatti a cottura e con una grande capacità di crescita, per questo ideale tanto per i risotti quanto per le insalate.
Venticinque anni fa, è nata l’idea di allestire la sagra paesana proprio incentrata sul riso e quindi di calendarizzarla nel periodo del raccolto attraverso la trebbiatura: la terza domenica di settembre.
Dobbiamo ringraziare chi ha avuto questa idea, perché quella scelta è stata una vera e propria azione di speranza. La speranza infatti non è mai fatta di nostalgia, ma di saggia memoria.
Ricordando infatti i momenti salienti del passato si riesce a conservare i tesori che hanno costruito la base del nostro presente.
Si doveva sfruttare questa carta unica, quella del riso, ed è stato quindi provvidenziale l’aver ripreso quella tradizione e averla fatta diventare “festa paesana”.
La Festa del Riso è veramente un evento unico nel territorio, grazie al coraggio, alla intraprendenza e alla generosità di moltissimi operatori che offrono gratuitamente il proprio servizio. Il volontariato è la base dell’appuntamento, capace di coinvolgere centinaia di persone, ragazzi e giovani, fino agli anziani. Ci sono infatti diversi ultraottantenni che non aspettano che questo appuntamento per poter esprimersi e condividere alcune ore di gioia con i più giovani.
L’invito quindi va fatto a tutti: venite alla 25a Festa del Riso per gustare questo mix di brodo, carni e verdure in un gustoso piatto di riso la cui ricetta è assolutamente segreta. In tanti cercano di copiarla, ma la ricetta antica, spiegata nei dettagli su volumi storici, viene proposta in maniera originale solo alla Festa del Riso.
Don Gigi e Don Sisto