Son cinquecento anni che a Grumolo delle Abbadesse si coltiva il riso, tant’è che questo cereale, che sfama metà della popolazione planetaria, è diventato il fiore all’occhiello, se non l’emblema di un territorio che nell’undicesimo secolo diventò feudo delle benedettine del monastero di San Pietro in Vicenza grazie alle donazioni e alle protezioni papali, vescovili e imperiali.
E proprio le benedettine di San Pietro, fedeli al motto “ora et labora”, trasformarono il loro feudo da insalubre, paludoso e boscoso in territorio fertile e ubertoso con il disboscamento e il prosciugamento delle paludi mediante la costruzione di numerose rogge e canali, alcuni tuttora esistenti, e con l’impianto, a partire dal Cinquecento, di ampie risaie, dopo che nel Milanese, intorno al 1475, la coltivazione del bianco cereale incominciò a dare ottimi frutti in termini di resa produttiva ed economica: in precedenza veniva usato solo come spezia e prodotto per cosmesi, importato soprattutto dalla Spagna, dove venne introdotto dagli arabi durante la dominazione di Tolomeo (III secolo a. C.), re d’Egitto, paese in cui la coltivazione del riso era fiorente.
Lo importarono in Italia anche i commercianti veneziani, che con i paesi asiatici avevano proficui rapporti d’affari.
Il riso sorgeva e sorge selvaticamente nelle regioni umide dell’Asia, specie in Cina, Thailandia, Vietnam, India, Corea. Le ricerche archeologiche più recenti attestano che venne “addomesticato” in Cina, nel bacino del fiume Yang Tze, dai dieci agli ottomila anni fa.
Com’è noto, il riso appartiene alla famiglia delle graminacee come il frumento, l’orzo e l’avena, e alla specie Oryza. La sua denominazione botanica è Oryza Sativa.
Le sue varietà italiane sono parecchie: citiamo per esempio il Carnaroli, registrato nel 1974, il Vialone Nano, selezionato nel 1937, l’Arborio, il Roma-Baldo, il Sant’Andrea, il Ribe.
Attualmente nelle risaie di Grumolo si coltivano due varietà: il Carnaroli e il Vialone Nano, quest’ultimo diventato presidio nazionale Slow Food per salvaguardarlo. Entrambe le varietà si avvalgono della denominazione De.Co., ovvero il riconoscimento della locale amministrazione comunale per le loro peculiarità territoriali.
Il riso Carnaroli, dai chicchi allungati, è considerato uno dei migliori risi italiani, in grado di amalgamare ed esaltare i sapori dei cibi più diversi, mentre il Vialone Nano, dai chicchi piccoli e tozzi, è un ottimo riso che assorbe bene i condimenti e ha una valida resa in cottura. È caratteristico della tradizione gastronomica veneta e mantovana.
Oggigiorno nel comune di Grumolo, ossia nel capoluogo, a Sarmego e a Vancimuglio, i potenziali risicoltori sono almeno sette; mentre nel territorio che fu feudo delle abbadesse, ovvero nei comuni di Grumolo, Torri di Quartesolo e Gazzo padovano (località Grantortino), i potenziali risicoltori sono almeno una decina. Va da sé che la coltivazione risente delle richieste del mercato.
In Italia il riso viene coltivato soprattutto in Piemonte, in Lombardia, in Emilia Romagna e nel Veneto. Secondariamente in Toscana, in Sardegna e in Calabria.
In Europa, oltre che in Italia e in Spagna, viene coltivato anche in Portogallo, Francia, Svizzera, Macedonia, Albania, Grecia, Turchia, Bulgaria e Romania.
Per curiosità, il chicco di riso è formato dalla lolla, che lo riveste: è di color marrone; dalla pula, che ricopre il chicco sotto la lolla ed è ricca di elementi nutritivi e di proteine; dall’endosperma, cioè uno strato ricco di proteine e di vitamine; e dall’embrione, che darà vita a una nuova pianta quando il chicco verrà seminato.
Il bianco cereale è una fonte nutrizionale energetica di prim’ordine, molto digeribile e ricco di amido, fibre, sali minerali (magnesio, ferro, fosforo, calcio, selenio), vitamine specifiche (B1, B3, B9, PP, E), glucidi e carboidrati. È raccomandato per coloro che praticano ogni genere di sport.
Si presta a quasi tutti i regimi alimentari, ed è utilizzato nelle diete vegetariane e vegane, ma non in quelle crudiste. Non contiene né glutine né lattosio, ed è considerato un alimento ipoallergenico. Non contiene neppure il colesterolo, anzi facendolo fermentare con un lievito chiamato Monascus purpureus (lievito rosso) contribuisce a mantenere nella norma i suoi livelli nel sangue.
Le ricette a base di riso sono molteplici: dipendono dall’inventiva dei cuochi, dalle tradizioni locali e dalle stagioni, giacché il riso si sposa con un’infinità di ingredienti, quali i piselli, gli asparagi, la zucca, le zucchine, i bruscandoli, lo zafferano, la luganega, il baccalà, i peperoni, le patate, le rape, solo per citarne alcuni.
Per la Festa del Riso di Grumolo delle Abbadesse, Il piatto divenuto famoso per la prelibatezza e l’unicità è il Risotto dea badessa, preparato con maestria tanti anni fa dalle cuoche del luogo secondo una ricetta tenuta segreta e tramandata senza mai modificarne gli ingredienti.
Un risotto da intenditori, insomma: difatti sono migliaia le persone che, per degustarlo, ogni anno vengono a Grumolo da ogni parte della regione.
Giuseppe A. Bertoli