IL PIACERE DEL RISOTTO

Un buon risotto è un toccasana per la salute fisica e spirituale

In settembre, da qualche decennio, a Grumolo delle Abbadesse si festeggia puntualmente il riso, ossia una preziosità che la Natura e gli appassionati agricoltori della zona ci danno per il nostro benessere fisico e morale. Infatti, con il riso si preparano squisiti risotti (a Grumolo le cuoche cucinano, durante la tradizionale Festa del riso, il leggendario risotto dea badessa) che sollecitano l’appetito e il buon umore, e costituiscono autentiche fonti di energia e di salute, poiché il riso è il più nutriente fra tutti i cereali, è uno dei cibi più facilmente digeribili, esercita una notevole azione anti-stress grazie all’alto contenuto di potassio, di vitamina B e di acidi grassi essenziali, è raccomandato dai dietologi per la sua azione equilibratrice delle funzioni gastriche e intestinali, e il suo amido polverizzato viene utilizzato perfino come ingrediente basilare nelle ricette per la bellezza della pelle.

“Il riso dà vita, dà calore, forza e prontezza di mente. Il riso allontana la fame, calma la sete, mette a posto gli umori del corpo…”, sono le sagge parole che, alcuni secoli prima di Cristo, il filosofo e mistico indiano Gautama Buddha insegnava ai discepoli.

“Nel mio mondo infantile – scrive il celebre sociologo Francesco Alberoni – il riso è sempre stato l’elemento di base e quello favorito. Nella nostra dieta povera, nella nostra gastronomia semplice, era la risorsa per eccellenza. Sono stato allevato a riso, edificato con il riso, impastato di riso. Forse è per questo che trovo il riso bellissimo. Mi piacciono i suoi chicchi lucenti, di madreperla. Mi piace farli scorrere fra le dita, mi danno il senso del tesoro e dell’abbondanza” (v. Guida Gallo 2000).

Un bel piatto di risotto è anche un piacere vederlo, anzi contemplarlo. Un piacere che parte da lontano, cioè dalla scelta della varietà (a Grumolo e dintorni si coltivano il Vialone Nano e il Carnaroli) alla selezione degli ingredienti e si compie mediante una cottura lenta, amorevole, fino a ottenere un risultato che non si consuma solo con la bocca e l’olfatto, ma diventa sinonimo di cultura. Una cultura che dal Piemonte, specialmente il Vercellese e il Novarese, passando per la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Veneto, si snoda lungo l’intera penisola fino a raggiungere la Sicilia, arricchendosi via via di nuovi ingredienti e sapori.

A differenza di altri cereali, infatti, il riso si sposa armoniosamente con qualsiasi vivanda: carni, pesci, molluschi, verdure, legumi, patate, funghi, formaggi, frutta…   Molte persone mangiano il riso come contorno al posto delle verdure o delle patate. Altre capovolgono il rapporto: contorni vari al piatto di riso.

Ma che differenza sostanziale c’è tra le minestre di riso e i risotti?

La differenza sta nel metodo di cottura. Nelle minestre si mettono insieme brodo e riso fin dall’inizio, mentre nei risotti il brodo si aggiunge poco per volta. Ma ormai le minestre di riso non vengono più preparate: sulle tavole si servono i risotti, il cui capostipite è l’aristocratico risotto alla milanese, preparato secondo una ricetta diffusa in un libro del 1853, scritto da Giovanni Felice Luraschi.

“Dopo il film Riso amaro ho lungamente sognato Silvana Mangano, quelle calze nere di mondina infilate su due gambe senza fine. Adesso Silvana non c’è più e io cammino sul viale del tramonto. Il riso no. Perciò continuo a cantare le lodi di quest’umile cereale che per la nostra felicità muore tre volte: nell’acqua, nella salsa e nel vino”, scriveva nel 1990 il noto latinista e giornalista veronese Cesare Marchi. In effetti, come dice il proverbio, dopo un buon risotto, ci vuol sempre un bel gotto!

Giuseppe Ausilio Bertoli