Il nome del comune fa riferimento al poggio, grumulus, sul quale nell’antichità sorgeva un castello; le badesse sono invece le principali artefici della fortuna del paese. È infatti alle monache del monastero benedettino di San Pietro a Vicenza che pochi anni dopo il Mille il vescovo Liudigerio I dà in feudo le terre di Grumolo confidando nella tradizionale operosità dell’ordine.
Così nel giro di due secoli le selve paludose che si stendono oltre il Tesina cambiano aspetto: eliminate le boscaglie e aperti canali di bonifica, sono resi produttivi ben 900 campi vicentini, vale a dire 350 ettari. Nel Cinquecento, 200 campi sono destinati alla coltura del riso, cereale introdotto dagli Arabi in Sicilia nel IX secolo ma affermatosi soprattutto nelle terre della pianura padana bonificate dai Benedettini.
A Grumolo, l’opera principale è il canale detto per l’appunto della Moneghina, che attraversa il centro abitato con il duplice scopo di portare le acque del Tesina alle risaie e consentire il trasporto del raccolto su chiatte trainate da cavalli verso i magazzini della corte benedettina in paese. Poi le acque si frazionano in rogge e canalette a disegnare il paesaggio caratteristico della risaia. Nei secoli alle religiose sono subentrate le famiglie nobili e a ciò si deve l’unicità di un paesaggio che abbina le geometrie delle risaie alle architetture delle ville nel gioco di riflessi della tarda primavera, quando la campagna è allagata, e poi in una cornice lussureggiante, verde smeraldo, quando tutt’intorno, a estate avanzata, la natura è stanca e polverosa.
Unico è anche il quadro gastronomico, con abbinamenti per ogni stagione su tavole nobili e contadine: come risi e bisi, che il doge richiedeva nel giorno di San Marco, patrono della Serenissima; oppure il risoto coi bruscandoli , i germogli di luppolo che si colgono lungo le siepi; più avanti è il momento di tinche e anguille, altri doni delle acque; in autunno, la delizia delle quaglie; più avanti ancora è la volta di fagioli, patate, verze, zucca.
Venendo al giorno d’oggi l’evoluzione delle pratiche agricole e del mercato dei cereali ha fatto si che la superficie a risaia si sia ridotto a 130 ettari. La sensibile contrazione della coltura ha indotto l’amministrazione a porsi come priorità la salvaguardia del patrimonio ambientale e paesaggistico delle risaie; i produttori, costituiti in associazione, hanno adottato un disciplinare di produzione e in collaborazione con l’Istituto Strampelli di Lonigo e la Provincia di Vicenza hanno creato un punto vendita comune.
A Grumolo si produce, secondo la tradizione veneta, soprattutto il Vialone Nano, selezionato nel 1937 da varietà locali: è un riso semifino, dai chicchi piuttosto piccoli e tondeggianti, molto ricchi di amilosio (23,8%), ben compatti a cottura e con una grande capacità di crescita, per questo ideale tanto per i risotti che per le insalate. In anni recenti è cresciuta la produzione di riso Carnaroli, varietà superfina tra le preferite dalla grande cucina per l’insieme delle sue doti, dall’eleganza del chicco allungato all’elevata percentuale di amilosio (24%), anch’esso ideale per risotti che debbono apparire ben sgranati. A Grumolo la stagione del riso comincia con il 25 di aprile, data di riferimento per la semina, che viene effettuata a seconda delle tecniche adottate, in asciutta o con il terreno allagato.
Ai primi di maggio, i campi trasformati in specchi d’acqua sdoppiano il paesaggio e i tanti uccelli trovano interesse nel nuovo ambiente: tra le piantine, piccoli trampolieri dal procedere nervoso; nell’aria, pavoncelle in allarme se qualche intruso si avvicina al nido; aironi cinerini dal maestoso incedere alato; talora qualche cicogna di passaggio, che fa sempre notizia. A giugno le piante vanno in spiga e ad agosto imbiondiscono offrendo uno spettacolo di antica bellezza, impreziosito da un gracidare di rane che è la migliore garanzia di pratiche agricole rispettose dell’ambiente. A fine settembre viene il momento della trebbiatura e la terza domenica il paese scende in festa per la tradizionale “Festa del Riso”.
Attrazione gastronomica della Festa il Risoto dea badessa, che abbina carni e verdure in tradizionale ricetta e serve a benedire il nuovo raccolto.